Pesto genovese: poche, semplici ma rigide regole

Il Pesto genovese è uno dei piatti freschi per eccellenza, fatto di pochi e sani ingredienti di qualità. A partire dal basilico genovese Dop, magari quello che viene dalle alture del quartiere Pra’, prima lavato e poi fatto asciugare. E poi dall’aglio dolce e delicato di Vessalico, che punta ad ottenere a breve il marchio Igp. Evitando le alterazioni nel gusto, le temperature e l’ossidazione delle foglie causati dal frullatore,  i primi due elementi vengono tradizionalmente “pestati” nel mortaio di marmo, per poi essere affiancati dal Parmigiano Reggiano Dop (possibile un terzo di Pecorino sardo Dop), pinoli italiani (o anche le noci) e sale, sempre roteando e premendo con il pestello di legno. Infine l’olio extravergine di oliva, preferibilmente quello Dop della Riviera Ligure, a completare il perfetto equilibrio delle componenti. Insomma la scelta accurata delle eccellenze locali, dove possibile, distingue il “Pesto genovese” da quello anche troppo diffuso “alla genovese”.

Questa ricetta è quella originale, che rispetta un disciplinare e rappresenta un preparato certificato dal Ministero delle Politiche Agricole come PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale). Le origini sono antiche ma non chiarissime. Già Virgilio parlava di una salsa con ingredienti simili e con erbe aromatiche, tipica tradizione ligure sin dal Medioevo. Ma è alla fine dell’Ottocento che appare il pesto come lo conosciamo oggi. E che ricorda la “pistou” della non lontana Provenza francese,  salsa priva però dei pinoli oltre che compagna di una zuppa di fagioli.

Trofie, linguine e trenette sono invece le tipologie di pasta che si sposano alla perfezione con il pesto genovese. Matrimonio da farsi tradizionalmente anche con i “testaroli”, da alcuni considerata la pasta più antica, semplicemente a base di farina, acqua e sale, tipica della Lunigiana e dall’inconfondibile grande forma a disco.

Per scovare un vino bianco secco, fresco e profumato che si abbini a questo piatto aromatico straordinario non bisogna certo percorrere troppi chilometri. Il Pigato della Riviera Ligure di Ponente Doc è ottimo. Coltivato in numerose tipologie sui terreni di cinque sotto-zone distese lungo le coste tra Imperia, Savona e Genova, è tradizionalmente a base dell’omonima uva autoctona oppure di Vermentino, con il quale il vitigno Pigato condivide molte caratteristiche. Bottiglie eccellenti di questo vino sono quelle dell’Azienda biologica certificata “Bio Vio” di Albenga, in provincia di Savona. Tutti prodotti in purezza per 55mila bottiglie.

Splendidi i piatti a base di pesto proposti dalla Trattoria “Cavour 21” a Genova, con le gustose trenette, le trofie e le lasagne e dove il ritratto dei clienti viene disegnato sulle tovagliette. Ma un viaggio nella gastronomia genovese lo garantisce anche la tradizionale trattoria “Sa Pesta“, ospitata all’interno di un’antica rivendita di sale, che sempre con il pestello veniva reso “fino”. Il locale vanta rinomati piatti tipici come la “Farinata” genovese e le torte di verdure, oltre che le trofie al pesto.