La “Piccola Gerusalemme”, dove Maremma e tradizione kosher si incontrano

Esiste un luogo in Maremma dove la tradizione enogastronomica locale e quella kosher si incontrano. Quel posto è Pitigliano, magnifico borgo medievale che fa parte con Sovana e Sorano delle cosiddette “città del tufo” scavate nella roccia.

Pitigliano prende il nome dai giovani romani Petilio e Celiano che, secondo la leggenda, unirono famiglie romane ed etrusche per fondare la città sopra questa gigantesca rocca di tufo lambita dal fiume Fiora. In realtà la storia di questo luogo incantato è molto più antica, tanto che le tracce dei primi insediamenti risalgono fino all’Età del Bronzo. Poi arrivarono gli Etruschi, con le prime fortificazioni e le famose “vie cave” che univano insediamenti e necropoli e, a seguire, i Romani. Nel Medioevo il borgo fu prima di competenza Aldobrandesca, con la realizzazione della cinta muraria, quindi divenne per secoli una contea governata dagli Orsini fino all’avvento mediceo del XVI secolo e al rapido inglobamento nel giovane Granducato di Toscana. Pitigliano visse in quel periodo una lunga fase di decadenza, terminata solo con i Lorena alla guida del Granducato.

Oggi questi luoghi sono tra i più amati dai turisti di tutto il mondo. Possiamo ammirare un ambiente immerso tra boschi, panorami mozzafiato, tombe a tumulo e suggestivi percorsi naturalistici, mentre nel centro storico sono visibili l’imponente Acquedotto Mediceo (del ‘500), il vicino e altrettanto maestoso Palazzo Orsini (che ospita il Museo Diocesano di Arte Sacra), la Sinagoga e il Museo Ebraico, oltre alle antiche chiese cristiane.

Tanti i prodotti enogastronomici locali toscani e maremmani: l’olio extravergine, i dolci, i salumi, la selvaggina e soprattutto i formaggi; nei comuni troviamo infatti due apprezzatissime realtà, il “Caseificio sociale di Manciano”e il “Caseificio Sociale di Sorano” che producono grandi pecorini toscani. In questa zona insiste tra l’altro un’area vinicola tra le prime ad essere certificate in Italia, quella del “Pitigliano Doc”. Discendente di una tradizione vitivinicola che risale agli Etruschi e alle prime cantine scavate nel tufo, si basa in particolare sulle uve Trebbiano toscano, Greco, Grechetto, Sauvignon e Malvasia bianca. Vini di alto livello si possono trovare con l’etichetta dell’Azienda “Sassotondo” nei pressi di Sovana (Sorano), biologica dal 1994 e che imbottiglia anche altri vini maremmani certificati come il Sovana Doc e il Maremma Doc, con un ottimo Ciliegiolo in purezza.

Ma Pitigliano viene chiamata anche “Piccola Gerusalemme” perché la città ha per secoli ospitato, tra i propri innumerevoli vicoletti, la storia di una significativa comunità ebraica. A partire dal XVI secolo molti tra gli ebrei emarginati dallo Stato Pontificio trovarono infatti rifugio su questa rocca, in un territorio che era protetto ma anche di confine. Le due culture si contaminarono reciprocamente in tanti aspetti e, ovviamente, anche in quelli di natura enogastronomica.

Sono oggi soprattutto i dolci a tenere in vita questo legame. Molto noti sono gli “Sfratti” che si richiamano a quando, nel XVII secolo, il granduca di Toscana Cosimo II de’ Medici intimò agli ebrei di tutta la zona di trasferirsi nel ghetto di Pitigliano, e mandò i messi a colpire le porte delle case con dei bastoni. A questa forma e a questo evento si richiamano infatti questi dolci a base di noci e miele. E poi il “Bollo”, pane dolce soffice, di forma rotonda oppure a otto, aromatizzato con anice. Tipico di Pitigliano e con possibili influenze ebraiche anche il “Tortello Dolce” di pasta sfoglia, cotto al forno oppure fritto, ripieno di ricotta e cannella, bagnato con l’alchermes e spolverato con zucchero a velo.

Pitigliano, quindi, non propone solamente le tradizionali prelibatezze della Toscana e della Maremma ma contempla anche la cultura kosher, la tradizione ebraica che prevede tutta una serie di rigide regole tra le quali la preparazione e la macellazione della carne solo di alcuni animali, la netta separazione del consumo di carne e latte e i rigorosi processi di vinificazione. Consigliabile a questo proposito una visita all’antico “Forno del Ghetto” oppure nella trattoria de “Il Tufo Allegro”, dove lo chef Domenico Pichini interpreta anche piatti Goym; questo termine sta proprio ad indicare la contaminazione culinaria fra la tradizione maremmana e quella ebraica.