Trattorie romane da più di un secolo

Sono tantissime, e per tutte le tasche, le trattorie romane che preparano e servono i piatti più tipici di una cucina definita “povera”, fatta di interiora, tagli di carne meno nobili e, in genere, sapori “de ‘na vorta”: dalla carbonara e la amatriciana, passando per la trippa, i carciofi, la coda alla vaccinara, la pajata, la coratella, l’abbacchio e molto altro ancora. Per questo motivo abbiamo scelto di fare una selezione delle trattorie e osterie più antiche, tra quelle che hanno almeno più di 100 anni e che ancora cucinano rigorosamente piatti tradizionali romani.

La più antica è del 1518

Non si può che cominciare con il locale riconosciuto formalmente come il più antico della Capitale, vale a dire “La Campana”. Vanta una storia di 500 anni tra via della Scrofa e piazza Nicosia. Nomi importanti tra i clienti, dove spiccano Pasolini, Picasso, Guttuso, Fellini, Sordi, la Magnani, la Callas e sembra anche Caravaggio e Goethe. Ed è gestita dalla stessa famiglia da secoli.

L’Ottocento

Ci si sposta nel XIX secolo e si trovano altri cinque locali storici della Capitale ancora in attività. Per prima la “Antica Trattoria Pallotta” che esiste dal 1820 a Ponte Milvio e che oggi è anche pizzeria. A due passi dal Tevere offre numerosi piatti della tradizione, molto amati dalla cosiddetta “gente di spettacolo” dell’Ottocento romano. Passa mezzo secolo e nel 1870, nell’anno in cui la breccia di Porta Pia mette fine al potere temporale dei papi, apparecchia per la prima volta i suoi tavoli “La Matriciana”, in via del Viminale. Dal nome appare evidente quale sia il piatto tipico ma anche la provenienza della fondatrice. La trattoria, frequentata storicamente dagli amanti del vicino Teatro dell’Opera, fa parte dell’Associazione Locali storici d’Italia. Nel 1880 apre invece i battenti il “Ristorante Taverna Ulpia” che sorge sulle rovine del Foro Traiano e che ha visto tra i suoi clienti anche un buongustaio come Ugo Tognazzi.

Passano 6 anni e apre “Cesaretto” o “Fiaschetteria Beltramme” nel cuore del rione Campo Marzio, a ridosso del Corso. Fondata nel 1886 da Cesare Beltramme, appunto come fiaschetteria, è stata poi gestita da generazioni di “Cesari” che ne hanno fatto la storica trattoria ora anche tutelata dai Beni Culturali. E’ stata tra le mete preferite di pittori come De Chirico e Guttuso, di scrittori come Moravia, Pasolini, Cassola, Soldati, Calvino e Flaiano, di politici come Pertini ed Einaudi e dei protagonisti de “La Dolce Vita”, a partire da Fellini. Un anno dopo “Cesaretto” nasce un’altra vera istituzione a Roma: “Checchino dal 1887”, “bottega storica” secondo il Comune di Roma e che si trova nel cuore di Testaccio. Qui la presenza monumentale dell’ex mattatoio documenta le ragioni di una scelta che faceva degli scarti della carne e delle interiora (le “frattaglie”), l’anima della sua cucina “povera”; un po’ come lo stesso Monte Testaccio (o Monte dei Cocci), nato dagli scarti e dalle anfore rotte di epoca romana.

Fino al primo conflitto mondiale

La Carbonara” a via Panisperna, nel Rione Monti, non deve il suo nome allo storico piatto romano ma proprio alla moglie del carbonaio (“carbonaro”) che apre l’osteria nel lontano 1906 di fronte alla bottega del marito. Ma anche il piatto omonimo è considerato fra i migliori della città. Nel 1907, da un semplice Vini e Oli, nasce invece “Alfredo alla Scrofa”, dal nome della via che lo ospita da più un secolo e le cui fettuccine al burro hanno negli anni conquistato anche le star del cinema muto americano e, successivamente, Gabriele D’Annunzio, Salvador Dalì, Brigitte Bardot, Frank Sinatra e Jimmy Hendrix. In menù tutti i piatti tradizionali con una predilezione per l’uso dei rigatoni. Il Comune di Roma gli ha conferito il prestigioso riconoscimento di “Bottega Storica”. Come ad un’altra realtà che nasce nel 1912, vale a dire il “Il Matriciano” a Prati, locale dalla radicata cultura dei prodotti di qualità e certificati. Nel 1916 apre invece “Il Falchetto” in via Montecatini, a poca distanza dal Pantheon, anch’essa “bottega storica”. Un luogo per il buon cibo amato da politici come De Gasperi e Pertini, scrittori come Sartre e dal poeta Trilussa.

 Storici ma non ancora secolari

Ad essere centenari manca invece davvero poco a numerose altre trattorie rigorosamente “de noantri”. E’ il caso del ristorante  “Da Pancrazio” (1922), scavato nelle rovine del Teatro di Pompeo vicino Campo de’ Fiori, forse il luogo dove è stato ucciso Cesare. E ancora il locale “Dal Cordaro” (1922) a Porta Portese, di fronte ad una vecchia corderia del Porto di Ripa. A ridosso delle colonne del Portico d’Ottavia al Ghetto c’è invece “Giggetto” (1923), uno dei riferimenti della cucina ebraico-romana. Per arrivare poi “Da Romolo” (1927), attaccato alla casa trasteverina de “La Fornarina” immortalata da Raffaello. Negli anni ’30 tocca alla trattoria-bottega storica “Da Giovanni” (1933) all’Esquilino, poi ad “Antonio al Pantheon” (1934) e al rinomato “Checco er Carrettiere” (1935), nel cuore di Trastevere, con le tante star italiane e di Hollywood che hanno assaggiato i suoi piatti per decenni. E  si prosegue con “Felice da Testaccio” (1936), tanto amato da Roberto Benigni, “Trattoria Vecchia Roma” all’Esquilino (1938) che era già uno storico “Vini e Oli” nel 1916 e la trattoria “Da Lucia” (1938) a Trastevere. E, per chiudere, non poteva mancare la mitica “Sora Lella” all’Isola Tiberina, trattoria che la sorella di Aldo Fabrizi apre nel 1940 e che ancora oggi delizia i palati di tanti romani e turisti da una finestra sul Tevere.