Il vinaio di Torino, etichette ricercate e una magia senza tempo

Scaffali che accolgono etichette ricercate, il calore dei mattoni e del pavimento in cotto che creano un’atmosfera familiare, il profumo della tradizione che si unisce alla passione, proprio nel cuore di Torino. È la magia dell’enoteca Il vinaio, un locale storico, tramandato di padre in figlia, dove l’amore per il vino e la voglia di raccontare questo mondo sono più forti di ogni cosa. Siamo andati a trovare la proprietaria, Manuela Zacchello, per scoprire cosa si nasconde dietro un’attività di successo.

Partiamo dalle origini: come nasce l’enoteca Il vinaio?

Era il 1999 quando il mio amato papà, rappresentante di Champagne, decise di acquistare l’enoteca. All’epoca il locale era già abbastanza conosciuto e aveva alle spalle cinquant’anni di attività. Da quel momento l’abbiamo gestita insieme, poi, quando mio padre è venuto a mancare, sono subentrata da sola alla guida dell’enoteca. A guidarci è sempre stata la passione per questo settore, così tanto che io ho lasciato il lavoro per gestire l’attività al meglio e inseguire quello che mi rendeva felice.

Già da una prima occhiata è chiaro che dietro le etichette dell’enoteca c’è un lavoro certosino di selezione.

Per sceglierle seguiamo più strade e una filosofia. Abbiamo sempre in lista le aziende più richieste e note, per andare incontro alle esigenze dei clienti, ma cerchiamo anche etichette con un ottimo rapporto qualità/prezzo. Le cerco personalmente, le testo e le scelgo, perché considero questo aspetto fondamentale.

Quanto Piemonte c’è nella vostra enoteca?

Tantissimo. La maggior parte delle etichette sono piemontesi e raccontano questa terra, soprattutto con i rossi.

Da Nord a Sud, quali sono i brand su cui scegliete di puntare oggi?

Il Piemonte ovviamente, è molto presente nella nostra enoteca, sia con i grandi che con i piccoli produttori. Adoro svelare ai clienti le perle che trovo e che sono una scoperta ogni volta. Non mancano poi i bianchi del Trentino Alto Adige, i vini di Abruzzo e Marche come la Cantina di Offida. Più Sud segnalo i vini Pugliesi, come Cantele e Michele Calò. E la Sicilia con i suoi vini eccezionali.

Prima il Covid con il lockdown e la pandemia, ora la crisi economica e la guerra: come state affrontando tutto questo?

Durante il periodo delle restrizioni noi che facciamo solo asporto abbiamo sempre fornito un servizio ai clienti. Adesso stiamo vivendo tutti un momento economicamente difficile, non lo nascondo. Abbiamo reagito riorganizzando la lista dei vini per andare incontro alle necessità delle persone. Senza penalizzare mai la qualità, ma provando a proporre etichette che siano in linea anche con le possibilità economiche. Si tratta di un lavoro di ricerca lungo, ma che ci da grandi soddisfazioni.

Il mercato si evolve e i tempi cambiano: qual è secondo voi l’enoteca del futuro?

Difficile dire come sarà l’enoteca del futuro. Nei prossimi anni penso che a un’attività con la mescita, all’organizzazione di eventi e a iniziative per coinvolgere sempre più persone. Di certo l’enoteca non deve perdere il suo ruolo chiave, quello di essere un punto di consiglio. La nostra forza, rispetto al web, sta proprio nel fatto che possiamo affiancare i clienti nella scelta, consigliandoli in base alle loro esigenze specifiche. La bravura sta proprio nel conoscere molto bene il prodotto, saperlo proporre e incontrare i desideri del cliente.

Terminiamo con una domanda di rito: cos’è per voi il vino?

Una domanda semplice, ma piuttosto difficile (ride n.d.r). Per noi rappresenta tutto. Una passione personale, un lavoro, un grande amore. Ripeto sempre che se non avessi venduto il vino l’avrei voluto fare. È qualcosa di bello che riempie le nostre giornate e ci fa vivere la convivialità.