Marsala, il vino fatto per viaggiare

Il mercante e navigatore inglese John Woodhouse approdato nel 1773 a Marsala (già nota ai Greci) si era innamorato di quel vino un po’ forte, già famoso all’epoca dell’antica Roma (quando si aggiungeva il mosto cotto). Gli ricordava il “Porto” e ora doveva assolutamente portarselo in Inghilterra, così decise di acquistarne una cinquantina di barili. Ma il viaggio, lungo e pieno di scossoni, avrebbe certamente rovinato il carico e così Woodhouse decise di aggiungere dell’acquavite al vino, per “fortificarlo”; rendendolo quindi in grado di superare il trasferimento via mare.

Nei decenni successivi quel prodotto riscosse uno straordinario successo e tanti altri mercanti seguirono la rotta e quel commercio fino alla prima metà del XIX secolo, quando un imprenditore siciliano, Vincenzo Florio, diede a questo vino la sua fama mondiale. Era nato il Marsala moderno che, oggi, è un prodotto Doc il cui areale interessa l’intera provincia di Trapani, ad esclusione del comune di Alcamo e delle isole di Favignana e Pantelleria. Il compagno perfetto della tradizionale pasticceria siciliana e locale (i dolci di ricotta, la cassata, i cannoli, i cappidduzzi e tanto altro).

I vini liquorosi (o “fortificati”) sono appunto quei vini dolci nati dall’aggiunta al prodotto base di una componente alcolica (come l’acquavite) o di mistella (mosto non fermentato). Si differenziano dai vini dolci passiti che, come dice la parola, nascono invece dalla sovramaturazione delle uve in pianta o dall’appassimento successivo alla vendemmia. Numerose le tipologie di Marsala (da 40 g/l a 100 g/l di contenuto zuccherino) a base di uve Grillo o Catarratto o Damaschino o Inzolia per il Marsala Oro e Ambra, e a base Pignatello o Calabrese (Nero d’Avola) o Nerello Mascalese per il Rubino. Uno straordinario nettare con diversi gradi di invecchiamento: da 1 a 3 anni per il “Fine” e il “Superiore”, da 5 a 20 per il “Vergine” o il “Soleras” (particolare metodo di travasi e di invecchiamento in botte). Ne esistono anche tipologie aromatizzate ma le troppe “sperimentazioni” hanno negli scorsi decenni danneggiato non poco la grandezza di questo vino, dagli anni ’80 rinato solo grazie all’impegno rigoroso e tradizionale di alcune aziende locali.

Vera eccellenza locale è l’Azienda “Marco De Bartoli“, proprio a Marsala. Nata nel 1980, coltiva con tecniche biologiche 20 ettari di vigne, dalle quali produce circa 100mila bottiglie. Non solo un grande Marsala in varie tipologie come “Superiore”, “Vergine e “Riserva” (vitigno Grillo in purezza) ma anche Passito di Pantelleria (Zibibbo 100%) e vini secchi, quasi sempre a base di uva Grillo o Zibibbo.

Quello trapanese viene considerato tra i territori più vitati in Italia. E quindi, oltre al “Marsala” e all’isolano “Moscato e Passito di Pantelleria” e “Pantelleria“, si contano numerosi altri areali Doc: “Erice” (a nord del capoluogo), “Delia Nivolelli” (Agro marsalese e Valle del Belice a sud), “Salaparuta” (territorio comunale nell’entroterra trapanese) e “Alcamo” (a ovest verso Palermo, sul Golfo di Castellamare); tutti con vitigni bianchi e rossi, locali e internazionali. Il solo comune trapanese di Castelvetrano rientra invece nell’areale del bianco con uve locali o Chardonnay “Menfi” (che interessa soprattutto comuni dell’Agrigentino), come in parte della Doc “Santa Margherita di Belice“, insieme ad altre località trapanesi, agrigentine e palermitane. Anche in questo caso nei bianchi si trovano molte delle tipiche uve siciliane e nei rossi dominano il Cabernet e il Sangiovese. Una bella selezione di vini nati da tipiche uve locali (ma non solo) è garantita dall'”Azienda Alcesti“, sempre a Marsala ma con le vigne che si trovano a sud, in direzione di Mazara del Vallo e Salemi.