Valle del Chiese: da Garibaldi alla polenta con la farina di Storo
Nel Trentino sudoccidentale che si rivolge al Garda e sfiora la provincia di Brescia si apre la Valle del Chiese. Il nome lo prende dal fiume che la percorre dopo essere nato dal Massiccio dell’Adamello, aver attraversato la confinante Val di Daone, per poi successivamente gettarsi nel Lago di Idro, proseguire verso la Bassa Bresciana e infine confluire nell’Oglio. Questa conca, con la piana alluvionale di Storo, fa parte delle Valli Giudicarie (collocate tra i Laghi di Ledro e del Garda e le montagne dell’Adamello-Brenta) che in questa area si definiscono “interiori”. Lungo questo territorio si passa rapidamente dai 370 metri di altitudine del Lago d’Idro agli oltre 3.400 metri in quota del Parco Naturale Adamello Brenta, dalle malghe alle vigne, dai ghiacciai alle sponde dei Laghi, dal verde incontenibile della valle principale e di quelle confinanti ai castelli e alle antiche pievi.
L’origine latina del nome “giudicarie” indica come queste zone abbiano goduto tradizionalmente di una certa autonomia. E infatti di persone, truppe e autorità se ne sono viste tante nel corso dei secoli, a partire dalle popolazioni galliche e poi i Romani, i missionari cristiani, e ancora la famiglia nobile dei Lodron, alla quale si devono numerosi castelli e palazzi, sotto il Principato vescovile di Trento. Seguirono le truppe napoleoniche e la dominazione asburgica, fino ad arrivare a Garibaldi che, nel 1866, riuscì prima a contenere l’esercito austriaco e poi ad aprirsi un varco verso nord. Quindi le trincee (molte ancora visibili) e il fronte tra i più caldi della I Guerra Mondiale, successivamente alla quale questo territorio divenne definitivamente italiano.
Tra questi splendidi boschi e gli innumerevoli corsi d’acqua, gli allevamenti e i terreni sono in grado di produrre vere e proprie eccellenze agroalimentari. Sempre restando a quelle certificate possiamo ricordare il delicato Salmerino del Trentino e le Trote del Trentino, entrambi Igp dal 2013 e condivise con la provincia lombarda di Brescia che dista infatti solo pochi chilometri con le località di Ponte Caffaro, Idro e Bagolino. Nel primo caso parliamo di un pesce della famiglia dei salmoni che da millenni vive nei laghi alpini, nel secondo caso di trote bianche di montagna da secoli allevate in vasca e che si abbinano perfettamente ai freschi vini trentini. Entrambi i pesci come i gustosissimi preparati (tra i quali il rinomato speck di trota), sono acquistabili da 50 anni negli allevamenti non intensivi dell’Azienda “Armanini” di Storo, tra le più note del territorio.
Ed eccoci alla squisita Spressa delle Giudicarie (Dop dal 2003), antico formaggio alpino “povero”, infatti il nome deriva dal dialetto “spress”, ossia la massa impoverita del grasso. A pasta semidura viene ottenuto principalmente da latte di vacche di razza Rendena (autoctona) e Bruna. Se si è in vena di escursioni il sapore tipico di questo formaggio lo si può trovare in una delle malghe tipiche del territorio ma è ottima anche la Spressa di “Latte Trento” che, dagli anni ’40, raccoglie le fatiche degli allevatori trentini ed è un punto di riferimento per tutta la provincia. Negli anni il Consorzio è arrivato a fondersi con altri caseifici storici dell’area. Oltre alla Spressa sono eccellenti il Trentingrana Dop e l’Asiago Dop.
E poi c’è la farina gialla di Storo, rinomata farina di mais da cui nasce la squisita polenta locale. “Agri 90” è la cooperativa della valle e dal 1991 opera nei pressi di Storo, rappresentando un marchio inconfondibile di qualità. Particolarmente buoni i salumi locali come la Salada (carne di manzo conservata con sale e spezie e poi anche tagliata a carpaccio) o lo Speck. Dal 1963 è garanzia di eccellenza la produzione del “Salumificio Bomè”, a Pieve di Bono.
Da ricordare anche il Radicchio dell’Orso, simile all’asparago, di colore verde e rosa, che è una pianta selvatica tipica dei pascoli di alta quota.