Il 2018 potrebbe essere l’anno dell’abbigliamento in uva

Ho comprato quella bellissima giacca in filato di uva”. In breve tempo questa frase potrebbe entrare a pieno titolo nel nostro linguaggio quotidiano. Perché adesso l’uva non è più solo un frutto prelibato da gustare o da utilizzare per creare grandi vini, ma anche il materiale naturale grazie al quale realizzare un ottimo tessuto, valorizzandone le bucce e i semi.

L’idea è venuta a “Vegea”, un’azienda milanese di biomateriali innovativi, nata nel 2016 e rivolta ai settori della moda e del design. Il tutto è stato sviluppato attraverso il “Progetto Manifattura di Rovereto”, l’incubatore di impresa costituito dalla Provincia autonoma di Trento attraverso l’Agenzia “Trentino Sviluppo”. E il Parlamento europeo ha già deciso di premiare l’azienda nell’ambito della “European Top 50 competition”, l’iniziativa che ogni anno seleziona le 50 migliori idee d’impresa nel continente. Riconoscimento, per altro, seguito ai 300mila euro ottenuti in occasione della seconda edizione del “Global Change Award”, ideato dalla H&M Foundation.

Il progetto di “Vegea” è in realtà già arrivato ad una fase piuttosto avanzata; soprattutto con l’avvenuta presentazione, nelle scorse settimane, di una prima collezione di abiti, scarpe e borse; occasione nella quale sono state mostrate la praticità e la qualità del tessuto. E unire due eccellenze italiane, il vino e la moda, in un unico prodotto potrebbe davvero rappresentare una grande opportunità. L’abito fatto di bucce e semi di uva sarà infatti un traguardo fondamentale nel campo della moda sostenibile nazionale, oltre che uno sbocco interessante per tante aziende vitivinicole che devono smaltire gli scarti della lavorazione.

In fondo non è da oggi che bucce e semi delle uve riescono ad avere una seconda vita. Oltre che alla grappa, infatti, basti pensare alla produzione di cosmetici, a quella di alcuni integratori alimentari, all’olio di vinaccioli, alla farina ricavata dall’essiccazione dei semi, nota per le sue qualità antiossidanti e antinfiammatorie.

In generale la realizzazione di tessuti a partire dall’estrazione della cellulosa contenuta nei vegetali è una realtà nota da tempo: non solo nell’uva ma anche nei tronchi degli alberi, nei semi di cotone, nei fusti di lino, nella canapa, nella ginestra, nella iuta. Un’altra start-up, la siciliana “Orange Fiber”, di Catania, sta lavorando un tessuto per l’alta moda ricavato dal “pastazzo”, vale a dire lo scarto della lavorazione degli agrumi per la produzione dei succhi di frutta. Non a caso anche questa azienda ha vinto il “Global Change Award”, l’edizione del 2015.

E’ evidente come il mondo delle piante e della frutta sia destinato ad avere un rapporto sempre più stretto con quello del tessile.