Il vino più antico del mondo ha 8mila anni

Il vino più antico del mondo ha 8mila anni. A certificarlo i ritrovamenti avvenuti nel sito archeologico di Gadachrili Gora, in Georgia, a poche decine di chilometri dalla capitale Tiblisi. E’ in quell’area che sono state infatti individuate le prove più antiche relative alla fermentazione di uve, vale a dire tracce di acido tartarico, acido malico e acido succinico, l’inconfondibile indizio di una lavorazione che aveva l’obiettivo di produrre vino. Gli archeologi hanno raccolto i campioni dai frammenti di una giara. Poi la datazione al radiocarbonio ha collocato il tutto nel 6000 a.C.

Si conferma con questa scoperta che il periodo preistorico del Neolitico (dal 15000 al 4500 a.C) fu caratterizzato localmente dalla presenza di una diffusa coltivazione della vite, anche perché la regione del Caucaso godeva e gode di condizioni climatiche particolarmente adatte. Tanto che la Georgia vanta oggi circa 500 vitigni autoctoni.

Già 8mila anni fa, quindi, il vino era probabilmente protagonista di cerimonie religiose e poteva svolgere anche funzioni curative e sociali. Del resto, sempre negli scavi georgiani, è stato ritrovato vasellame decorato con grappoli d’uva. E altre analisi, questa volta sui pollini, dimostrano come le colline circostanti fossero coperte di vigne.

Fino ad oggi il sito dove era stato individuato il vino più antico era quello di Hajji Firuz Tepe, in Iran. In questo caso le inconfondibili tracce di uva fermentata si trovavano in un contenitore risalente a oltre 7mila anni fa.  Nel 2011, in una grotta in Armenia, erano state invece trovate tracce di fermentazione databili a circa 6mila anni fa.

Anche in Italia esistono aree dove sono stati trovati antichi residui legati alla lavorazione del vino. E’ il caso della scoperta resa nota nell’agosto scorso e che interessa due scavi siciliani; quello del monte Kronio, a pochi chilometri da Sciacca, in provincia di Agrigento, e quello di Sant’Ippolito, vicino Caltagirone, in provincia di Catania. Le giare, anche in questo caso, sono databili a circa 6mila anni fa.

La scoperta in terra georgiana è stata pubblicata sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas). Mentre a coordinare tutta la ricerca è stato un team internazionale guidato dall’Università Statale della Pennsylvania, in collaborazione con le università di Toronto e di Milano, oltre che con il Museo Nazionale di Tbilisi.