La Ribollita si mangiava e si rimangiava
A Firenze ma anche a Pisa e ad Arezzo, tutti conoscono la “Ribollita”. Si tratta della zuppa di origine medievale a base di pane raffermo sciapo e verdure. Ingredienti fondamentali il cavolo nero (ammorbidito dalle gelate), il cavolo verza e i fagioli a cui aggiungere carote, sedano, cipolla, timo, patate, erba cipollina fresca e un filo di olio extravergine di oliva.
Il nome “Ribollita” deriva dalla cultura contadina di cucinare a lungo grandi quantità di zuppa, per poi “ribollirle” più volte nei tipici tegami di coccio. La si mangiava e la si rimangiava ancora, con tutti gli avanzi dei giorni precedenti. Si andava avanti anche per una settimana e con risultati sempre migliori.
E’ una preparazione tradizionalmente invernale ma naturalmente, trattandosi di un tipico piatto povero, possono essere introdotte varianti stagionali e territoriali. Un po’ in tutta la Toscana c’è in effetti una “Ribollita”; ne esistono infinite versioni anche se sempre partendo dal pane “sciocco” (che in Toscana è un prodotto Dop), dal cavolo nero e dai fagioli.
Una “zuppa toscana di magro alla contadina” è comunque contenuta dallo storico manuale di cucina di Pellegrino Artusi “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene“, nella quale però si aggiungeva anche della carne che, invece, non sempre era possibile trovare sulle tavole dei contadini. Ecco la ricetta letterale:
“Pane bruno raffermo, di pasta molle, grammi 400. Fagiuoli bianchi, grammi 300.
Olio, grammi 150. Acqua, litri due. Cavolo cappuccio o verzotto, mezza palla di mezzana grandezza. Cavolo nero, altrettanto in volume ed anche più. Un mazzo di bietola e un poco di pepolino. Una patata. Alcune cotenne di carnesecca o di prosciutto tagliate a striscie“.