Emilia, i vini sui colli

L’Emilia e la Romagna

La tradizionale centralità geografica, storica e culturale dell’Emilia e del territorio bolognese si ripropone con la vasta gamma di prodotti agroalimentari tipici e, naturalmente, attraverso due vini Docg e una ventina di Doc protagonisti della significativa crescita dell’export vinicolo regionale. Produzioni che, quasi sempre, riportano la parola “colli” nella denominazione e all’origine di vini tendenzialmente freschi e non troppo pesanti, perfettamente abbinabili alle tradizioni gastronomiche locali.

Ed è sempre utile distinguere tra Emilia e Romagna, pur concentrandoci sulle colline bolognesi e su quelle comunque più vicine al capoluogo, che sulle zone vitivinicole della seconda, dove si trovano numerosi areali con uve e vini eccellenti. Per prima una delle due Docg regionali, l’“Albana di Romagna”, lo storico vitigno autoctono il cui nome deriva da albus – bianco,  particolarmente adatto alla produzione di vini passiti. E poi le Doc di “Bosco Eliceo” (dal ferrarese al ravennate), “Colli di Faenza”, “Colli di Rimini” “Romagna” (con il famoso vino Pagadebit, il cui nome dice tutto) e “Colli di Romagna centrale”. Inoltre ci sono il “Sangiovese di Romagna” e il “Trebbiano di Romagna”, denominazioni che finiscono per interessare anche alcuni comuni della provincia di Bologna.

I vini bolognesi

Proprio tra i boschi intorno a Bologna si vinifica l’altra Docg regionale, “Colli Bolognesi Classico Pignoletto”, minimo 95% del vitigno autoctono considerato il Re della zona; uva nota già ai Romani ma forse poco apprezzata, in quanto non abbastanza dolce per i gusti dell’epoca. E’ il vino bolognese per eccellenza.

Esiste la relativa Doc “Colli Bolognesi” (min. 85% Sauvignon, Pinot Bianco, Riesling Italico e Chardonnay nei Bianchi o Barbera e internazionali per i Rossi). Si tratta di vini profumati e freschi, soprattutto i bianchi, che rappresentano questo territorio al meglio. C’è anche la specifica sottozona “Bologna” a base Sauvignon più altre uve per le bacche bianche, e Cabernet Sauvignon e altri vitigni per i vini rossi.

Il “Colli di Imola” Doc viene coltivato nei territori legati ad una serie di comuni bolognesi delimitati dalla Statale Emilia. I Bianchi possono ricorrere per l’85% alle uve Pignoletto o Trebbiano o Chardonnay, mentre l’85% di Sangiovese (o di Barbera o  Cabernet Sauvignon) concorre a dar vita ai Rossi.

Il “Reno” Doc (che coinvolge la provincia di Bologna vicino al fiume omonimo, oltre ad alcuni comuni modenesi) è a base di Albana e Trebbiano, e di altre uve regionali. Ma c’è anche lo Spumante a base Pignoletto o Montù, l’antico vitigno autoctono delle zone vicine al noto corso d’acqua che va a gettarsi nell’Adriatico. Il nome gli deriva dalla rinomata capacità di produrre molta uva, dalla cui vinificazione nasce anche il “Montuni” Doc.

Gli altri vini emiliani

Nel resto dell’Emilia si trovano molti altri vini importanti. A partire dalle varie tipologie di Lambrusco Doc (dal nome della vite selvatica “labrusca”) della provincia di Modena: Salamino di Santa Croce, di Sorbara e Grasparossa di Castelvetro. Queste uve esprimono uno dei vini più famosi e più venduti in Italia: fresco, fragrante e floreale, è chiaramente da bere giovane. Anche il “Modena” Doc  usa le uve Lambrusco ma, in più, spumantizza quelle Pignoletto.

E poi le altre zone vitivinicole emiliane Doc: come quella dei “Colli di Parma” (Barbera e Croatina per i Rossi e soprattutto malvasie per i Bianchi) o quella di Reggio Emilia. Quest’ultima vanta il “Colli di Scandiano e di Canossa”, che unisce nei Bianchi sia la Spergola, l’uva locale nota fin dal XV secolo, che la Malvasia, mentre per i Rossi soprattutto Marzemino e Cabernet Sauvignon. E poi anche il “Reggiano”, figlio delle uve autoctone di Lambrusco e Ancellotta. Infine i vini prodotti nei bellissimi “Colli Piacentini” (Barbera e Croatina o malvasie e Trebbiano). Da ricordare il “Gutturnio” (Barbera e Croatina), che prende il nome dalla coppa dove i Romani versavano il vino, e l’“Ortrugo”, altro vitigno autoctono a bacca bianca.