Il vino sfuso è tornato al boom che lo aveva caratterizzato prima degli anni ‘90: complice la crisi, ma anche una maggiore informazione del consumatore che preferisce vini provenienti direttamente dalle cantine locali e con imballaggi più sicuri. Sono sempre di più infatti le persone che acquistano vino sfuso, non solo nei borghi o nei piccoli paesi, ma anche nelle città, compresi i ristoranti e le osterie.
Ormai è finita l’epoca che identificava il vino sfuso come un prodotto di cui si ignoravano la provenienza e le qualità organolettiche perché, grazie al progresso tecnologico e a una maggiore attenzione dei rivenditori, anche il vino sfuso ha la propria carta d’identità.
Fino agli anni ‘90, la vendita di vino sfuso era ampiamente diffusa in tutti i ristoranti italiani. In generale nel mercato vinicolo, la prassi di acquistare il vino sfuso o in grandi damigiane era preponderante rispetto all’acquisto delle singole bottiglie. Con il tempo poi, si è diffusa sempre di più la consapevolezza da parte dei consumatori, che il vino sfuso, noto anche come “vino della casa”, fosse di qualità inferiore rispetto a quello servito in bottiglia.
Ancora oggi numerose trattorie e osterie continuano a servire il vino sfuso, ma è chiaro che chi vuole bere del vino di qualità non ordinerà la classica caraffa in vetro, quanto piuttosto una bottiglia con un brand rinomato e un packaging efficace.
Oggi però c’è una soluzione alternativa per servire il vino sfuso nel ristorante: con il sistema di Fattorie di Qualità, la qualità e il servizio diventano eleganti e di classe.