Non solo vino in Toscana. Ecco i birrifici artigianali
Quello della brasserie è un mercato in forte crescita a livello nazionale, passato dai pochi pionieri della fine degli anni ’90 alle centinaia di birrifici artigianali attuali. Perché la birra, come il vino, non è solo l’etichetta più nota o diffusa, ma un’arte, un vero e proprio universo di conoscenze e di esperienze, di passioni e storie imprenditoriali coraggiose.
Alcune differenze principali vanno comunque precisate per i meno esperti, almeno nel caso della distinzione che passa tra birre ad alta e bassa fermentazione in ambienti anaerobici, e a fermentazione spontanea. Innanzitutto quelle ad alta fermentazione (Ale), su cui il lavoro dei lieviti avviene a temperature più alte, vedi il cosiddetto metodo Stout. Una eventuale seconda fermentazione (rifermentazione) produce birre di maggiore struttura e più complesse al naso, per un prodotto finale in grado di essere abbinato anche a piatti elaborati, come per le “birre d’abbazia” o “trappiste” belghe o olandesi. Ricordiamo che i monaci trappisti furono nel Medioevo tra quelli che salvarono dall’oblio l’arte della birra. La preparazione a bassa fermentazione riguarda invece mosti lavorati a temperature inferiori ai 10 gradi dove i lieviti, invece di salire in superficie come nella “alta” fermentazione, restano sul fondo, appunto in “basso”. Si tratta delle birre più diffuse e dissetanti, quelle dei metodi Lager e Pilsner. La “fermentazione spontanea” è la meno diffusa e lavora rigorosamente in ambienti non anaerobici, anzi: i batteri fanno parte del processo stesso di preparazione in vasche aperte, dando vita ad un prodotto che ha nell’acidità la sua caratteristica più riconoscibile (es. Lambic, un unicum della regione belga del Pajottenland, a sudovest di Bruxelles).