Oliva ascolana: dagli antichi romani allo street food
L’Oliva Ascolana del Piceno ha una storia lunga. Messa in salamoia era già compagna di viaggio dei soldati romani e occasione di pasto quotidiano. Venne poi coltivata a apprezzata dai frati benedettini olivetani, appunto dell’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore e anche da Papa Sisto V, nel XVI secolo, che proprio delle terre ascolane era originario. Ma anche Garibaldi, Gioacchino Rossini, Giosuè Carducci e Giacomo Puccini, che ebbero occasione di apprezzarla nella versione ripiena e fritta.
Infatti quelle olive da tavola, grandi e tenere, si dimostrarono ben presto adatte ad essere farcite in diversi modi e, nel XIX secolo, era già di uso comune recuperare gli avanzi di carne per riempire le olive, dopo averle denocciolate; le famiglie povere per non buttare niente, i cuochi dei nobili per trovare il modo di utilizzare tutta la carne di cui disponevano attraverso un piatto originale e appetitoso. In due secoli è diventata uno degli emblemi della gastronomia locale e, dal 2005, l’Oliva Ascolana del Piceno, in salamoia o ripiena, è anche un prodotto Dop di un territorio che coinvolge 89 comuni nelle province di Ascoli Piceno nelle Marche e anche di Teramo in Abruzzo.